BELGRADO-«L'Europa non dovrebbe metterci di fronte a questa scelta: o essere membri dell'Ue o riconoscere l'indipendenza del Kosovo». Tomislav Nikolic, presidente serbo, l'ha detto il giorno dell'insediamento, e lo ripete seduto sui divani bianchi del suo ufficio a Belgrado, in quest'intervista al Corriere. «Non ho cambiato idea: ho detto "se dobbiamo rinunciare al Kosovo, meglio dimenticare l'Europa" e per me vale ancora».
È alla vigilia della partenza per l'Italia, il primo Paese Ue che visiterà, e nei corridoi gira voce che voglia portare al presidente Napolitano in regalo la rakija, la grappa che produce personalmente a casa; oggi vedrà anche il premier Mario Monti. La sua vittoria contro il filo-europeo Tadic è stata accolta con sospetto in molti Paesi. Eppure, l'ex volontario in guerra, vice nel partito nazionalista di Vojislav Šešelj (ora a processo all'Aia), ha assunto posizioni «democristiane » e concilianti. Meno, sul Kosovo.
Presidente, lei vuole entrare in Europa...
«L'Europa è il nostro obiettivo dal 2000. Abbiamo riformato l'economia, la giustizia, i servizi segreti, l'amministrazione. Ma fatti questi progressi, ora c'è la precondizione del Kosovo. Non è giusto. Non chiedetemi se io voglio l'Europa: la vera domanda è se l'Europa vuole noi».
Cosa siete disposti a concedere sul Kosovo?
«Sotto enormi pressioni, la Serbia ha accettato una serie di accordi con Pristina. Io ero contrario.Ma ora sono impegni dello Stato, e da presidente li rispetterò».
Lei propone negoziati diretti tra i leader politici.
«Non possono condurli, come in passato, tre anonimi funzionari statali. Vanno tenuti dai governi».
E lei sarebbe disponibile?
«Non mi tirerei indietro. Però se dall'altra parte l'interlocutore dovesse essere il premier kosovaro Thaci... So bene che non spetta a noi scegliere la controparte, però ricordo che Thaci è ancora coinvolto in un'indagine sul traffico di organi durante la guerra. E che prima bisognerebbe concluderla».
Lei non gli darebbe la mano...
«L'ho quasi incontrato a New York a un ricevimento Ue. Quando ho scoperto che c'era, me ne sono andato: non volevo creare scandalo evitando di stringergli la mano ».
Perché ha scelto l'Italia per il suo primo viaggio?
«L'Italia con noi ha legami da decenni, la Fiat costruì ai tempi dei comunisti lo stabilimento a Kragujevac, dove sono nato, vidi gli italiani fidanzarsi con le serbe. E tutti noi andavamo in bus a Trieste, a comprare vestiti sul Ponte Rosso o il caffè: Trieste, e l'Italia, erano l'affaccio al mondo. E poi ho la sensazione che l'Italia provi ancora un po' di disagio perché è stata coinvolta, come partner della Nato, nelle vicende serbe».
La Fiat, e lo stabilimento di Kragujevac, sono al centro dei rapporti Serbia- Italia. Riuscirà lo Stato serbo, nonostante la crisi, a rispettare gli impegni presi?
«Sì, daremo alla Fiat quanto concordato, ossia 90 milioni, in due rate. La prima quest'anno, la seconda l'anno prossimo. Costruiremo le infrastrutture, onoreremo gli impegni. Sono convinto che la produzione a Kragujevac deve essere conforme alla capacità dello stabilimento».
Vuole dire produrre fino a 200 mila macchine. Però in Italia si teme che la produzione così si sposti in Serbia.
«Finora la Serbia non ha tolto lavoro agli italiani: qui si assemblano le parti della 500L che si costruiscono in Italia. Del resto, la produzione si sposta dove ci sono le condizioni. La Serbia ha rinunciato a molti tributi liberando la Fiat da molti vincoli. Se l'avesse fatto l'Italia, forse la Fiat avrebbe investito in Italia. Non si può chiedere a chi mette i propri soldi di restare per patriottismo in un Paese dove non conviene produrre».
Presidente, lei è stato molto criticato per alcune sue frasi. Disse che a Srebrenica non c'è stato genocidio...
«La Serbia non è stata coinvolta nel crimine di Srebrenica. Quel crimine è stato compiuto da alcune singole persone appartenenti al popolo serbo. Il parlamento serbo ha condannato quel crimine gravissimo: ma non ha parlato di genocidio, non ho sentito nessuno in Serbia definirlo così, e non l'ho fatto neanch'io».
Nel 2007 lei disse che Karadzic e Mladic non erano criminali. Fosse stato presidente allora, avrebbe fatto arrestare Mladic?
«Karadzic e Mladic sono all'Aia. Finché non saranno condannati, saranno innocenti, com'è la regola in tutti i sistemi giudiziari del mondo. L'arresto? Il presidente non ordina arresti. Forse il mio predecessore l'ha fatto, ma io so quali sono i miei compiti costituzionali».
Ma un presidente di un simile arresto viene informato...
«A che serve interrogarsi su Karadzic e Mladic? Sono un libro chiuso e consegnato all'Aia».
Nikolić je poručio da je neprihvatljivo da se u periodu između dobijanja statusa kandidata i otvaranja pregovora o članstvu pojavljuju novi uslovi i naglasio da će Srbija sve ono što nije zapisano u prošlom izveštaju EK o napretku Srbije smatrati novim uslovima.
"Srbija je jasno rekla - a to se provlači deceniju a provlačiće se i posle mene - nikad nećemo prihvatiti nezavisnost Kosova. Ne može da nam se suprotstavlja evropski put i nameće odluka da odustanemo od dela teritorije da bi ostali na evropskom putu. Mi to ne tražimo od drugih naroda, pa nećemo ni da se od nas traži", rekao je Nikolić.
On je istakao da će, ukoliko zaista u periodu između sticanja statusa kandidata i otpočinjanja pregovora neka članica EU ispostavi zahtev za priznanje nezavisnosti, ta država pokazati da Srbiju uopšte ne želi u Uniji.
Nikolić je naglasio da je EU savez koji Srbiji odgovara, da Srbija želi da bude njen član i da je stoga izlašla na ispit i uradila ono što je od nje traženo.
"Smatram da EK treba pozitivno da oceni ono što je Srbija uradila i da ako nešto eventualno treba da se popravi - to i uradimo. Ako je sve to moguće - u redu , a ako nije - Srbija će morati da nastavi da živi kao i do sada, da pokušava da sarađuje sa svima, ali da nema zaštitu ni od koga", rekao je predsednik Srbije.
Nikolić boravi u prvoj zvaničnoj poseti Rimu, gde se sastao i sa premijerom Mariom Montijem, a kasnije će se sastati i sa predsednikom Donjeg doma italijanskog parlamenta Ðanfrankom Finijem.
Mara Gergolet
9 ottobre 2012 | 13:30
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